Il 2 e 3 maggio 2025 si è svolta alla Scuola Normale Superiore di Pisa la conferenza internazionale “Pseudo-scripts: (il)legibility & ornamentation”. L’intervento di Regine Ehleiter, “Between Reading and Viewing. The Asemic Writing of Mirtha Dermisache’s Artists’ Publications” ha evidenziato alcuni aspetti dell’opera dell’artista visiva argentina (1940-2012). Particolarmente utile e interessante è il rimando a una serie di otto video su altrettanti Libri (1967-1974) dell’artista: https://youtube.com/playlist?list=PLdVstAf8NpioagplKpUEaLdFzwWs-JWpt&feature=shared Buona visione.
Un interessante articolo de “Il Post” che si sofferma su alcuni aspetti generali della terminologia tipografica: perché diciamo “font” e non “polizza”, da dove nasce la confusione che spesso affligge il nostro campo disciplinare, eccetera. Il tutto con un approccio linguistico e storiografico che mi è particolarmente caro. Da leggere senz’altro.
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Gustavo Strafforello, La patria, geografia dell’Italia. Provincia di Roma. Unione Tipografico-Editrice, Torino, 1894.
Novità nella ristampa deIl nuovo Caratteri e comunicazione visiva
Tutti conosciamo caratteri come l’Helvetica, vero? È un carattere “senza grazie” o, se preferiamo, “lineare”. Bene, un progenitore dei caratteri tipografici senza grazie è il Two-Lines English Egyptian di William Caslon IV (ante 1817). E quell’iscrizione di epoca repubblicana romana (fine II sec. a. C.) che si intravede nell’immagine*, sulla parte sinistra della trabeazione del Tempio di Vesta di Tivoli, potrebbe essere una delle fonti dell’English Egyptian. Ne parla James Mosley in “Radici della scrittura moderna”, riprendendo precedenti studi; l’autore, decano degli studi sulla tipografia, descrive con chiarezza i complessi passaggi che portarono dai disegni dal vero di quell’iscrizione, fatti a Tivoli dall’architetto inglese John Dance (1763), alla nascita dei caratteri tipografici senza grazie: l’English Egyptian di Caslon, appunto. Nel suo studio Mosley affermava che tale iscrizione non fosse fotografabile senza notevolissime distorsioni prospettiche data l’ubicazione del Tempio, a strapiombo sull’orrido della Villa Gregoriana, e infatti nel suo saggio sono presenti soltanto i pur preziosi disegni eseguiti da Dance. Ora, grazie a un teleobiettivo molto lungo, messo su cavalletto sul lato opposto dell’orrido, alla stessa quota dell’iscrizione, sono riuscito a fotografarla senza apprezzabili distorsioni.
Tale foto, grazie alla gentile concessione del FAI, il Fondo per l’Ambiente Italiano che gestisce la Villa per conto del Demanio, è ora pubblicata nella nuova ristampa de “Il nuovo Caratteri e comunicazione visiva”.
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La lettera e l’immagine, copertina della prima edizione, 1970. Il testo è stato poi ripubblicato con saggi di Roland Barthes e Raymond Quenau.
Oggi festeggiamo il ritorno di questo blog, “Netikon”, che ha accompagnato per tanti anni – dal 2009 al 2021 – la mia attività didattica, fornendo materiali e spunti di riflessione ai miei studenti. Quanto alla forma, lo festeggiamo con la versione più aggiornata di WordPress che mi auguro possa assecondare l’aspetto che desidero dare a quel che scrivo (sapete com’è: ognuno ha le sue manie). Quanto alla sostanza, lo festeggiamo con uno dei miei “supereroi” preferiti: Massin, l’eretico tipografo, maestro della “tipografia espressiva”.
Undici anni fa scrivevo qui un articoletto a proposito di Massin, dando alcune coordinate ai miei studenti di allora per un approccio iniziale a questa figura. Nel 2013 Massin era ancora in piena attività, ma nel 2020 ha deciso che fosse giunto il tempo di andarsene a esplorare qualche altra dimensione, lasciandoci alle prese con il simpatico mondo di oggi. Il 21 febbraio 2020, pochi giorni dopo la morte di Massin (nato a La Bourdinière-Saint-Loup il 13 ottobre 1925 e morto a Parigi l’8 febbraio 2020), uscì su “Doppiozero” – rivista online che apprezzo molto – un articolo di Valentina Manchia, semiologa di formazione, su Massin. Trovo l’articolo talmente interessante da non voler aggiungervi molto altro, rimandandovi direttamente alla sua lettura. Voglio solo sottolineare qui come Manchia (giustamente, a mio avviso) metta in evidenza – sin dal titolo dell’articolo: Massin uomo di Lettera – la centralità per Massin dell’attività di tipografo, indicandone le ragioni e il senso, al di là del cosiddetto eclettismo del nostro nel quale, per molti, si esaurirebbe il giudizio su di esso. Nell’articolo è visibile, fra l’altro, una parte della bozza finale de La cantatrice chauve, che ci ricorda ancora una volta quali fossero i mezzi tecnici dell’epoca e quale l’inventiva inarrestabile di Massin per piegarli ai propri intenti. L’articolo si chiude con queste righe, che riporto qui di seguito: «“Ho costantemente cercato di identificarmi con lo scrittore che mi si chiedeva di mettere in pagina, sforzandomi di ‘esprimerlo’ (piuttosto che di tradurlo) e prendendo quasi come in sogno il suo posto, come quei furbi servitori di commedia che si piazzano nella poltrona o nel letto del loro padrone non appena questi si allontana”, ha scritto Massin in una nota, inedita, alla Cantatrice Chauve, che continua a sembrarmi emblematica anche oggi, a riflettere su tutto l’arco della sua vita. “Quasi come in sogno”, perché per quanto Massin, uomo di Lettera, ambisse a far udire la sua personale voce dall’interno di ogni testo, la lettera del testo resta intatta. Le sue sperimentazioni, infatti, non sono opere d’arte, ma opere grafiche: tipografia pienamente espressiva perché si incarica di dare al testo un corpo non trasparente ma visibile, capace di fare da cassa di risonanza, potremmo dire, al più intimo senso del testo. In questo doppio fuoco, tra leggere e vedere, sta tutto Massin. Un lavoro difficile da afferrare proprio perché egli non si è mai fatto scrupoli di attraversare di taglio, in diagonale, discipline diverse, come gli disse una volta proprio Barthes. E da questa fessura aperta sulla scrittura che porta dalle lettere alla Lettera, dalle parole alle immagini, può essere prezioso guardare ancora oggi.»
Per chi vuole, al termine dell’articolo è possibile scaricarne liberamente la versione in pdf. Poiché la rete è talvolta bizzarra e incostante, io l’ho scaricato e vi invito a farlo. Fabrizio M. Rossi
Giovedì 27 marzo 2014 il quotidiano “la Repubblica”, nella sua versione su carta, si presenta in edicola con una “copertina” dal titolo: «È un nuovo inizio» [foto 1]. All’interno della copertina troviamo un’interessante raccolta di prime pagine storiche del quotidiano – dalla sua fondazione nel 1976 ai nostri giorni – accompagnata da una nota di…
«La figura del coreano Sang-Soo si staglia sia per la qualità del suo lavoro, sia per il modo che gli è proprio di porsi nei confronti dell’altro, sia ancora per la sua capacità di comunicare le proprie idee e le proprie invenzioni grafiche e tipografiche». Cosí scrivevo in un mio reportage sui Rencontres Internationales de…
Paragrafi sull’armonia, di Michele Zaffarano. Queste pagine di scrittura ragionante, apparentemente geometrica, sembrano orientate a costruire, tassello dopo tassello, un qualche strano teorema per paragrafi su un’armonia (sociale? economica? …musicale?) di cui non viene dato in verità un profilo stagliato. È indecidibile, imprecisabile. E, poiché non c’è forse nulla di meno decidibile e precisabile del…
Foresta.
Anche un bambino sa quanto sia preziosa la foresta. L’odore fresco e mozzafiato degli alberi. Uccelli echeggianti che volano sopra quella densa magnitudine. Un clima stabile, una vita diversificata sostenibile e una fonte di cultura. Tuttavia, le foreste e altri ecosistemi sono in bilico, minacciati di diventare terreni coltivati, pascoli e piantagioni.
Giovedì 27 marzo 2014 il quotidiano “la Repubblica”, nella sua versione su carta, si presenta in edicola con una “copertina” dal titolo: «È un nuovo inizio» [foto 1]. All’interno della copertina troviamo un’interessante raccolta di prime pagine storiche del quotidiano – dalla sua fondazione nel 1976 ai nostri giorni – accompagnata da una nota di…
«La figura del coreano Sang-Soo si staglia sia per la qualità del suo lavoro, sia per il modo che gli è proprio di porsi nei confronti dell’altro, sia ancora per la sua capacità di comunicare le proprie idee e le proprie invenzioni grafiche e tipografiche». Cosí scrivevo in un mio reportage sui Rencontres Internationales de…
Paragrafi sull’armonia, di Michele Zaffarano. Queste pagine di scrittura ragionante, apparentemente geometrica, sembrano orientate a costruire, tassello dopo tassello, un qualche strano teorema per paragrafi su un’armonia (sociale? economica? …musicale?) di cui non viene dato in verità un profilo stagliato. È indecidibile, imprecisabile. E, poiché non c’è forse nulla di meno decidibile e precisabile del…
Un interessante articolo apparso su AIGA – Eye on design affronta il tema del rapporto fra design – in questo caso tipografico – ed etica, un tema troppo spesso ignorato dai progettisti. Così, numerose fonderie digitali vogliono definire, nei contratti di licenza, l’uso dei propri caratteri in base a criteri etici. Per leggere l’articolo
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È noto come la Bauhaus abbia prodotto, durante la sua stagione tedesca (dal 1919 al 1933, quando venne chiusa dai nazisti) un’interessante sperimentazione tipografica. È altrettanto noto che tali progetti non abbiano visto la luce con il mezzo tecnologico allora disponibile: i caratteri in piombo.
Il recentissimo progetto Adobe Hidden Treasures prende spunto dal ritrovamento negli archivi della Bauhaus di Dessau di appunti, lettere e bozzetti tipografici incompiuti ad opera di alcuni tra gli esponenti piú importanti di quella Scuola. Gli autori: Joost Schmidt, creatore del celebre manifesto per l’esposizione della Bauhaus a Weimar nel 1923, insegnò calligrafia e diresse i laboratori di pubblicità, tipografia e stampa a Dessau, conferendo un’impronta inconfondibile allo stile visivo della Scuola; Xanti Schawinsky, pittore, fotografo, architetto, grafico (nonché sassofonista) che dopo la chiusura della Bauhaus si trasferí in Italia, firmando lavori fondamentali per Cinzano, Motta, Illy e Olivetti; Carl Marx, già studente della Bauhaus, poi tra gli artefici del tentativo di ricostituzione della Scuola dopo la Seconda guerra mondiale; Alfred Arndt, anch’egli studente della Scuola con Kandinskij e Breuer, poi direttore del dipartimento d’architettura, autore di importanti manifesti tipografici per la Scuola; Reinhold Rossig, uno dei piú prolifici sperimentatori tipografici della Bauhaus.
La Adobe, con l’ausilio e la supervisione di Erik Spiekermann, ha promosso la realizzazione di cinque caratteri: Joschmi (dai bozzetti di Schmidt), ad opera della type designer Flavia Zimbardi, e Xants (dagli schizzi di Schawinsky), di Luca Pellegrini; CarlMarx Regular & Bold, ricostruito da Hidetaka Yamasaki; Alfarn (dai lavori di Arndt), di Celine Hurka; Reross Quadratic & Rectangular (dagli appunti di Rossig), a opera di Elia Preuss. Fabrizio M. Rossi
“Campo Grafico” n. 2, Febbraio 1933. Copertina di Carlo Dradi e Attilio Rossi (con fotolitografia di Alfredo De Pedrini).
«La breve esperienza della rivista “Campo Grafico”, trascorsa a Milano tra il 1933 e il 1939 in sessantasei numeri tutti diversi quanto a messa in pagina, rappresenta sin dal suo esordio l’apertura della grafica e della tipografia italiane al razionalismo internazionale, in piena polemica con le posizioni de “Il Risorgimento” e con il ‘ritorno all’ordine’ che è cifra distintiva diffusa degli anni Trenta. “Campo Grafico” rifiuta apertamente regole, insegnamenti e concorsi; il carattere perde centralità, a favore di una messa in pagina libera da modelli e schemi, intendendo la tipografia come fattore eminentemente tecnico e non estetico. Forti sono le influenze del Futurismo, e alla grafica di questo movimento sarà dedicato l’ultimo numero del 1939: la rivista chiuderà infatti dopo la promulgazione delle Leggi razziali e l’esilio in Argentina del suo primo direttore, Attilio Rossi, a cui erano succeduti nel 1935 Carlo Dradi e Luigi Minardi. I numeri di “Campo Grafico”, tutti di grande interesse, sono un susseguirsi di contributi e invenzioni che esplorano nuovi linguaggi e tecniche: dai fotomontaggi del primo numero e gli esperimenti fotolitografici del secondo, tutti firmati Dradi-Rossi, alla prima copertina fotografica dello studio Boggeri, del 1934».
Tratto da Caratteri & comunicazione visiva, di Fabrizio M. Rossi (2007): scheda n. 5.
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