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I caratteri della Bauhaus

venerdì, Febbraio 15th, 2019

Dessau

È noto come la Bauhaus abbia prodotto, durante la sua stagione tedesca (dal 1919 al 1933, quando venne chiusa dai nazisti) un’interessante sperimentazione tipografica. È altrettanto noto che tali progetti non abbiano visto la luce con il mezzo tecnologico allora disponibile: i caratteri in piombo.
Il recentissimo progetto Adobe Hidden Treasures prende spunto dal ritrovamento negli archivi della Bauhaus di Dessau di appunti, lettere e bozzetti tipografici incompiuti ad opera di alcuni tra gli esponenti piú importanti di quella Scuola. Gli autori: Joost Schmidt, creatore del celebre manifesto per l’esposizione della Bauhaus a Weimar nel 1923, insegnò calligrafia e diresse i laboratori di pubblicità, tipografia e stampa a Dessau, conferendo un’impronta inconfondibile allo stile visivo della Scuola; Xanti Schawinsky, pittore, fotografo, architetto, grafico (nonché sassofonista) che dopo la chiusura della Bauhaus si trasferí in Italia, firmando lavori fondamentali per Cinzano, Motta, Illy e Olivetti; Carl Marx, già studente della Bauhaus, poi tra gli artefici del tentativo di ricostituzione della Scuola dopo la Seconda guerra mondiale; Alfred Arndt, anch’egli studente della Scuola con Kandinskij e Breuer, poi direttore del dipartimento d’architettura, autore di importanti manifesti tipografici per la Scuola; Reinhold Rossig, uno dei piú prolifici sperimentatori tipografici della Bauhaus.
La Adobe, con l’ausilio e la supervisione di Erik Spiekermann, ha promosso la realizzazione di cinque caratteri: Joschmi (dai bozzetti di Schmidt), ad opera della type designer Flavia Zimbardi, e Xants (dagli schizzi di Schawinsky), di Luca Pellegrini; CarlMarx Regular & Bold, ricostruito da Hidetaka Yamasaki; Alfarn (dai lavori di Arndt), di Celine Hurka; Reross Quadratic & Rectangular (dagli appunti di Rossig), a opera di Elia Preuss.
Fabrizio M. Rossi

Fontshop acquisita dalla Monotype

lunedì, Luglio 21st, 2014

Mercoledì 16 luglio 2014 la newsletter di Fontshop annuncia in questi termini che la fonderia statunitense Monotype ha acquisito FontShop e la biblioteca di caratteri FontFont:

«First things first. Yesterday was a groundbreaking day in FontShop’s 25 year history, the most important one since our formation. The US typeface company Monotype announced that they have acquired FontShop and the FontFont library. The acquisition package includes the head office in Berlin as well as the FontFont typeface library, the US subsidiary in San Francisco (fontshop.com), and the German distributor, FontShop AG. Monotype acquires the FontFonts of founder Erik Spiekermann directly from him, including all usage and publication rights. All of his bestsellers (FF Meta, FF Info, FF Unit, FF Govan) will remain part of the FontFont library. Spiekermann will assist Monotype as typographical consultant in the future. You can read more on this news over at The FontFeed or in a detailed press release».

La reazione su internet non si fa attendere: la maggior parte dei commenti paventano una perdita d’indipendenza della fonderia digitale creata nel 1990 a Berlino da Erik Spiekermann e Neville Brody.

Lo stesso giorno su “The FontFeed” viene pubblicata una dichiarazione di Jürgen Siebert, chifel Marketing Officer di FontShop AG: FontFont Has Never Been More Independent. Sin dal titolo Siebert rivendica la “scelta” operata, sostenendo che mai come ora FontFont sarà così indipendente, «traendo benefici dalla rete di vendita e dalle capacità di marketing della Monotype» e mantenendo intatte le prerogative di indipendenza di FontFont che si concretizzano, secondo Siebert, nei contratti “equi” con i designer (parole chiave: royalties e protezione intellettuale) e nell’indipendenza del TypeBoard, la commissione di FontFont che sceglie i caratteri da pubblicare.

E Spiekermann che cosa dice? Vedremo gli sviluppi. A mio avviso l’acquisizione di FontFont da parte di Monotype sancisce, in ogni caso, la fine di un’epoca e impone nuove e profonde riflessioni sul disegno e la commercializzazione oggi dei caratteri.