Archive for the ‘comunicazione visiva’ Category

Tipografia espressiva: Lubalin

sabato, gennaio 18th, 2020

Fabrizio M. Rossi [text]
Lubalin: riferimenti nella Rete

The Herb Lubalin Study Center of Design and Typography (sito della Cooper Union School of Art)
http://flatfile.lubalincenter.com/ (sito realizzato da Herb Lubalin Study Center)
Herb Lubalin in Wikipedia (inglese)
Tribute to Herb Lubalin (galleria d’immagini)
Herb Lubalin, Art Directors Club Hall of Fame 1977 (biografia in inglese e immagini)
An interview with Herb Lubalin
Individualism squelchers, di Herb Lubalin
Herb Lubalin, AIGA
The CBS wall
ITC finds new elegance, U&lc volume nine

Bibliografia

Herb Lubalin, a cura di Lambert M. Surhone, Mariam T. Tennoe e Susan F. Henssonow, ed. VDM (inglese)
Herb Lubalin: Art Director, Graphic Designer and Typographer, a cura di Gertrude Goodrich Snyder e Alan Peckolick, Artshow/Rizzoli international (inglese)

I caratteri della Bauhaus

venerdì, febbraio 15th, 2019

Dessau

È noto come la Bauhaus abbia prodotto, durante la sua stagione tedesca (dal 1919 al 1933, quando venne chiusa dai nazisti) un’interessante sperimentazione tipografica. È altrettanto noto che tali progetti non abbiano visto la luce con il mezzo tecnologico allora disponibile: i caratteri in piombo.
Il recentissimo progetto Adobe Hidden Treasures prende spunto dal ritrovamento negli archivi della Bauhaus di Dessau di appunti, lettere e bozzetti tipografici incompiuti ad opera di alcuni tra gli esponenti piú importanti di quella Scuola. Gli autori: Joost Schmidt, creatore del celebre manifesto per l’esposizione della Bauhaus a Weimar nel 1923, insegnò calligrafia e diresse i laboratori di pubblicità, tipografia e stampa a Dessau, conferendo un’impronta inconfondibile allo stile visivo della Scuola; Xanti Schawinsky, pittore, fotografo, architetto, grafico (nonché sassofonista) che dopo la chiusura della Bauhaus si trasferí in Italia, firmando lavori fondamentali per Cinzano, Motta, Illy e Olivetti; Carl Marx, già studente della Bauhaus, poi tra gli artefici del tentativo di ricostituzione della Scuola dopo la Seconda guerra mondiale; Alfred Arndt, anch’egli studente della Scuola con Kandinskij e Breuer, poi direttore del dipartimento d’architettura, autore di importanti manifesti tipografici per la Scuola; Reinhold Rossig, uno dei piú prolifici sperimentatori tipografici della Bauhaus.
La Adobe, con l’ausilio e la supervisione di Erik Spiekermann, ha promosso la realizzazione di cinque caratteri: Joschmi (dai bozzetti di Schmidt), ad opera della type designer Flavia Zimbardi, e Xants (dagli schizzi di Schawinsky), di Luca Pellegrini; CarlMarx Regular & Bold, ricostruito da Hidetaka Yamasaki; Alfarn (dai lavori di Arndt), di Celine Hurka; Reross Quadratic & Rectangular (dagli appunti di Rossig), a opera di Elia Preuss.
Fabrizio M. Rossi

La rivista “Campo Grafico”, 1933 – 1939

lunedì, febbraio 19th, 2018
“Campo Grafico” n. 2, Febbraio 1933. Copertina di Carlo Dradi e Attilio Rossi (con fotolitografia di Alfredo De Pedrini).

“Campo Grafico” n. 2, Febbraio 1933. Copertina di Carlo Dradi e Attilio Rossi (con fotolitografia di Alfredo De Pedrini).

«La breve esperienza della rivista “Campo Grafico”, trascorsa a Milano tra il 1933 e il 1939 in sessantasei numeri tutti diversi quanto a messa in pagina, rappresenta sin dal suo esordio l’apertura della grafica e della tipografia italiane al razionalismo internazionale, in piena polemica con le posizioni de “Il Risorgimento” e con il ‘ritorno all’ordine’ che è cifra distintiva diffusa degli anni Trenta. “Campo Grafico” rifiuta apertamente regole, insegnamenti e concorsi; il carattere perde centralità, a favore di una messa in pagina libera da modelli e schemi, intendendo la tipografia come fattore eminentemente tecnico e non estetico. Forti sono le influenze del Futurismo, e alla grafica di questo movimento sarà dedicato l’ultimo numero del 1939: la rivista chiuderà infatti dopo la promulgazione delle Leggi razziali e l’esilio in Argentina del suo primo direttore, Attilio Rossi, a cui erano succeduti nel 1935 Carlo Dradi e Luigi Minardi. I numeri di “Campo Grafico”, tutti di grande interesse, sono un susseguirsi di contributi e invenzioni che esplorano nuovi linguaggi e tecniche: dai fotomontaggi del primo numero e gli esperimenti fotolitografici del secondo, tutti firmati Dradi-Rossi, alla prima copertina fotografica dello studio Boggeri, del 1934».
Tratto da Caratteri & comunicazione visiva, di Fabrizio M. Rossi (2007): scheda n. 5.

Fabrizio M. Rossi alla Tipoteca Italiana

martedì, gennaio 30th, 2018

27 gennaio 2018, Tipoteca Italiana (Cornuda, TV): Fabrizio M. Rossi, laboratorio “L’ABC delle font”.

NOTO font: NO (more) TOfu, please!

domenica, febbraio 12th, 2017

Noto è l’acronimo per ‘NO TOfu’, e per ‘tofu’ non s’intende qui letteralmente la simpatica pietanza che sa di quel che la condisce, bensì quei fastidiosi rettangolini, simili appunto a pezzetti di tofu, che appaiono quando mancano determinati glifi nel carattere che stiamo usando. Ciò avviene quando inseriamo nel nostro contesto abituale di scrittura digitale parole appartenenti ad altri contesti: per fare un esempio a noi geograficamente vicino, parole scritte in greco in un contesto di scrittura latina. Una situazione frustrante. Per superare questo problema è necessario, evidentemente, usare un carattere che comprenda quegli insiemi di segni di cui prevediamo di aver bisogno. Ma se avessimo bisogno di comporre testi multilinguistici in più e più sistemi di scrittura?
Google e Monotype
Per porre rimedio a questo problema Google affidò nel 2011 alla Monotype – storico nome della tipografia – la realizzazione di un ‘carattere poliglotta’ che risolvesse questo problema non di poco conto. Al progetto hanno collaborato centinaia di consulenti, specializzati nelle singole problematiche linguistiche e tipografiche. Un esempio fra tutti: la font Noto per il tibetano è stata ‘costruita’ a partire dagli esempi manoscritti conservati nei monasteri. In alcuni casi si tratta, infine, del primo carattere digitale mai realizzato per una comunità linguistica.
Gli obiettivi e la strategia di Google
Il risultato, pubblicato a partire dal 2013 e tuttora in evoluzione, è per l’appunto Noto, un insieme di font capace di far fronte alle esigenze di restituzione tipografica dei 93 sistemi di scrittura dei 135 riconosciuti dall’Unicode Consortium (2016), per un totale di circa 800 lingue. L’obiettivo è quello di arrivare a coprire tutti i sistemi di scrittura Unicode. Non solo: Noto è in grado di restituire digitalmente sistemi di scrittura non più corrispondenti a lingue parlate, come per esempio il fenicio, il lineare B (cretese-minoico, XIV-XII sec. a.C.), l’ogham (Irlanda, I-VI sec.).
Google dichiara che «Noto is Google’s font family that aims to support all the world’s languages. Its design goal is to achieve visual harmonization across languages». Dunque, l’obiettivo del suo progetto è raggiungere l’armonizzazione visiva fra le lingue: obiettivo assai pratico, quando si tratta di testi con molti e diversi sistemi di scrittura e linguistici, come si diceva, e complessivamente raggiunto. Dalle opinioni di utenti che utilizzano sistemi di scrittura e lingue diverse si ricava nell’insieme un buon giudizio quanto a funzionalità linguistica, salvo qualche rara eccezione qua e là che purtroppo non sono in grado di verificare. Vedremo in breve più avanti quale sia il livello formale raggiunto da questa famiglia di caratteri.
Insomma: «Noto è un progetto in linea con la strategia di Google che mira a raggiungere tutti i luoghi del mondo e rendere noti i suoi servizi anche a chi vive nei posti più remoti, la stessa per cui Google nel 2016 ha allargato il suo servizio di traduzione automatica a 100 lingue» (fonte: ilpost.it), coprendo nominalmente il 99% della popolazione mondiale online (fonte: techcrunch.com). Con risultati migliori nelle traduzioni, ci auguriamo, di quelli talvolta involontariamente esilaranti a cui siamo stati abituati finora.
Com’è fatto Noto
La famiglia Noto comprende una variante con grazie (Noto serif) e una senza grazie (Noto sans) – ‘conviventi’ soltanto per i sistemi di scrittura più diffusi: 95 infatti sono le font senza grazie e 13 con grazie (ott. 2016); ma anche in questo caso l’obiettivo è di far crescere il progetto, aumentando il numero dei sistemi di scrittura che dispongano anche del Noto serif. Entrambe le varianti hanno due pesi (normale e bold) e due forme (tondo e corsivo).
Per dare un’idea della mole impressionante di glifi progettati per il Noto, soltanto la font dell’alfabeto latino comprende circa 3.300 glifi per ogni variante.
Particolare interessante: Noto è pubblicato con una licenza OFL (Open Font License), dunque utilizzabile liberamente in qualsiasi ambiente, su qualsiasi dispositivo e per qualsiasi scopo.
sp-720 (1)sp-720

 

È un carattere passepartout, con un occhio medio piuttosto alto e aperture ampie, che si adatta abbastanza bene a una gamma estesa di dispositivi. Difficile però aver tutto nella vita: quel che guadagna in leggibilità, soprattutto sugli schermi, lo perde in eleganza e personalità, particolarmente a stampa. Insomma, un leggero sapore/insapore di tofu resta in bocca, malgrado tutto.
notosans-notoserif
La versione serif, con grazie squadrate, raccordi curvilinei e moderato contrasto, ha un aspetto leggermente più stretto della versione sans. Questo nonostante la metrica delle due versioni sia simile, come vediamo nell’esempio comparativo.


Conclusione (temporanea)
Evidentemente Google può permettersi un simile sforzo titanico, con un risultato per giunta messo a disposizione gratuitamente, pur di raggiungere i propri obiettivi. Detto ciò, il progetto è impressionante e può contribuire a salvaguardare (digitalmente, si badi bene) sistemi di scrittura (dunque patrimoni linguistici e culturali) altrimenti marginalizzati o condannati alla scomparsa.

Fabrizio M. Rossi


 

Per scaricare Noto:
https://www.google.com/get/noto/

 

Creating Noto for Google from Monotype on Vimeo.

Mostra «Design resistente»

giovedì, marzo 26th, 2015

invito_DR

36 designer per 36 progetti sulla libertà e la memoria.

Questa la consistenza della mostra «Design resistente», dal 14 aprile allo spazio MIL di Sesto San Giovanni. Il giorno dell’inaugurazione si arricchirà anche di un laboratorio di stampa a caratteri mobili, «Lettere molto resistenti».

Per info: Spazio MIL
via Granelli, 1 – Sesto San Giovanni (Mi)
tel. 02 36682271 info@spaziomil.org

Presentazione IkonaLíber a Roma

sabato, dicembre 13th, 2014

venerdí 19 dicembre 2014
ore 18
libreria assaggi
via degli etruschi, 4 roma

presentazione del volume

altrove

due atti unici di
maria evelina buffa nazzari
edizioni ikonalíber

conduce
rosario tronnolone
redattore della radio vaticana, regista
con
maria evelina buffa nazzari
attrice, scrittrice
fabrizio m. rossi
direttore editoriale ikonalíber
ingresso libero
informazioni: 06 88.65.94.58
ikonalíber: 06 86.32.96.53
www.ikonaliber.it
Su Facebook

Nuovo sito Ikona & IkonaLíber

sabato, novembre 22nd, 2014

Nuovo sito dello studio grafico Ikona e delle edizioni IkonaLíber, completamente rinnovato. Nuovo nell’aspetto e nei contenuti. In poche parole, “chi siamo” e “che cosa facciamo”: progetti grafici e dei contenuti, progetti tipografici, fotografia e ricerche iconografiche, formazione. Uno spazio speciale è dedicato alle edizioni IkonaLíber, con il catalogo completo dei libri su carta e degli e-book. Buona navigazione!

Laboratorio «Smontiamo un libro!»

mercoledì, novembre 19th, 2014

Sabato 15 e domenica 16 novembre si è svolto a L’Aquila il laboratorio «Smontiamo un libro!» condotto da Fabrizio M. Rossi.
Il laboratorio, rivolto agli insegnanti delle scuole primarie e secondarie (e a chiunque fosse curioso di sapere ‘come è fatto’ un libro di testo), si è tenuto nella biblioteca per ragazzi “La tana di Lupoleone” di Pettino (Aq) ed è stato organizzato da “Libris in fabula”, associazione culturale di volontariato di L’Aquila.
FMR: «Abbiamo lavorato insieme su un libro di testo per le superiori realizzato dal mio studio: com’è nato il progetto, su quali contenuti abbiamo lavorato, quali sono state le fasi principali dello sviluppo. Abbiamo ‘smontato’ l’intera struttura del libro, sia fisica (carta, stampa, confezione…) sia logico-visiva (l’organizzazione e la rappresentazione dei contenuti). Abbiamo messo a nudo i ragionamenti e le consuetudini che determinano l’aspetto di un libro di testo, con particolare attenzione alla scelta dei caratteri, soffermandoci sulla loro storia e su tutto il repertorio di segni che ci mettono a disposizione. Infine, abbiamo sperimentato insieme una tecnica di lettering per scoprire il legame tra la tipografia e il gesto manuale della scrittura».

Info
Libris in fabula
Via Giovanni Falcone, 23 – 67100 L’Aquila
tel. 0862 361084 email librisinfabula@gmail.com
Ikona
via Lago di Lesina, 15 – 00199 Roma
tel. 06 86329653 email informazioni@ikona.net

Convivere nella diversità

venerdì, aprile 18th, 2014

Lapide quadrilingue, 1149. Palermo, Museo della Zisa. Foto di Fabrizio M. Rossi, © 2014.

Amo le parole: la loro forma, il significato, la storia, il loro suono. Cosí il termine “tolleranza”, per dire un’attitudine necessaria alla coesistenza, non mi è mai piaciuto: mi suona come “sopportazione”, come qualcosa che si fa, sí, ma controvoglia, perché proprio vi si è costretti. Trovo molto piú bello e opportuno il termine “convivenza”: vivere insieme.

Nel mio recente bel viaggio di lavoro (e di piacere) a Palermo ho avuto la sorte di vedere, per la prima volta da vicino e con grande emozione, una celebre testimonianza di convivenza tra culture diverse.

Di che cosa si tratta? È una lapide del 1149 conservata nel museo della Zisa, ma proveniente dalla chiesa di San Michele Arcangelo. Quasi un quadrato di una quarantina di centimetri per lato, in marmo bianco, con begli inserti in opus sectile al centro e ai due angoli superiori, multicolori: porfido rosso, serpentino verde di breccia, marmo bianco e tessere di vetro color oro, rosso e giallo.

Quel che più sorprende, al di là della bellezza della forma e della decorazione, è la presenza di un’iscrizione in ben quattro scritture diverse: ebraico in alto, latino a sinistra, greco bizantino a destra e arabo in basso. L’iscrizione ricorda la morte di Anna (madre di Grisanto, chierico di Ruggero II), la sua prima sepoltura nella cattedrale di Palermo nel 1148 e la sua traslazione, l’anno successivo, nella cappella funeraria fatta edificare dal figlio in San Michele.

Ruggero II, re normanno; il XII secolo a Palermo: è il tempo in cui nella capitale siciliana vengono edificati alcuni eccezionali monumenti da maestranze siciliane, arabe e greco bizantine.

L’iscrizione riporta i differenti sistemi di datazione in uso nelle quattro diverse comunità e contiene una benedizione per chi legge. Per convivere nella diversità.

Palermo è anche questo.

Buone feste a tutti.

Fabrizio M. Rossi