Buon 90° compleanno, Futura!

Dicembre 29th, 2017

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Futura, Il carattere modernista che è letteralmente ovunque

Articolo di Meg Miller pubblicato il 3 ottobre 2017 su “Eye on design”, AIGA.
traduzione di Fabrizio M. Rossi

Nome del carattere: Futura
Progettista: Paul Renner
Fonderia di caratteri: Bauer
Data di pubblicazione: 1927

Premessa
Prima che fosse di moda usarli per le startup che riguardano lo stile di vita e per le campagne presidenziali, e anche prima che fossero popolari presso le avanguardie artistiche, i sans serif erano considerati una «famiglia di caratteri proletari senza predecessori illustri», relegati principalmente ai supplementi dei quotidiani e alla Bibbia. Questo è quel che affermava il progettista di caratteri Paul Renner, che negli anni ‘20 stava comunque riconsiderando la posizione dei caratteri sans serif come inferiore a quella dei serif e degli script. All’epoca, artisti, architetti e designer modernisti erano impegnati a scrollarsi di dosso il peso della storia con una nuova considerazione per ciò che era uniforme, razionale e funzionale. Nell’estate del 1924, quando Renner fu incaricato di progettare «il carattere tipografico del nostro tempo», quei motivi ispiratori del design erano, se non direttamente nella sua mente, certamente nell’aria. Il suo intento era quello di creare un carattere che seguisse un «linguaggio formale coerentemente unificato, elementare», e con ciò nacque il Futura.
Se state leggendo questo articolo, avete quasi sicuramente sentito parlare del Futura. Diventò immediatamente popolare dopo la sua pubblicazione da parte della fonderia di caratteri Bauer, nel 1927, e oggi è praticamente ovunque. Il Futura è un carattere diffusissimo negli annunci e nei logotipi, da Nike e Volkswagen ai Pittsburgh Steelers (e, improbabilmente, Party City). È utilizzato nelle opere di Barbara Kruger e Jenny Holzer. È utilizzato sia sul grande sia sul piccolo schermo: nei titoli di coda per American Beauty e nell’alfabeto insegnato su Sesame Street [una trasmissione educativa statunitense; n.d.t.], e lo troviamo in tutti i film di Wes Anderson e Stanley Kubrick. Paul Rand ne era un grande sostenitore, così come lo era la scuola del Bauhaus.
Questo mese [ottobre 2017; n.d.t.] il Futura è l’unico protagonista di un nuovo volume edito da Laurence King, intitolato semplicemente Futura: The Typeface. Forse ormai il Futura non ha bisogno di presentazioni, ma merita un approfondimento.

Quali sono le sue caratteristiche distintive?
Renner si era già fatto un nome in Germania come tipografo di tutto rispetto quando fu contattato da Jakob Hegner [editore, stampatore e consulente di una fonderia di caratteri] per progettare il «carattere tipografico del nostro tempo». Nel suo libro Typography as Art, pubblicato due anni prima dell’incarico ricevuto da Hegner, Renner sosteneva con forza l’uso di forme semplici e geometriche. Ma quando creò il Futura, Renner non stava pensando al Bauhaus o all’avanguardia a cui il carattere tipografico venne associato rapidamente. Voleva invece creare qualcosa che si distinguesse chiaramente dai caratteri calligrafici e dal loro alludere alla scrittura manuale. Voleva qualcosa di industriale e universale; qualcosa che avrebbe potuto essere meccanizzato e standardizzato. Per questo, cercò l’ispirazione nelle maiuscole romane, che considerava un esempio di perfezione senza tempo. Il Futura di Renner ha portato le forme delle lettere, sia le maiuscole sia le minuscole, alla loro forma più semplice, elementare e basilare.

Perché si chiama Futura?
Renner progettò il Futura come contributo tipografico al progetto Neues Frankfurt [Nuova Francoforte], un progetto radicale di edilizia abitativa urbana a prezzi accessibili che coinvolse molti dei maggiori architetti modernisti dell’epoca. Sebbene Renner non facesse parte del Bauhaus, condivideva molte delle idee della scuola: l’enfasi sulla razionalità e la funzionalità, l’interesse per la produzione di massa e l’ottimismo per il futuro. Come Steven Heller scrive nel suo contributo al libro edito da King, il Futura non assomigliava a nulla che esistesse prima, ed «è riuscito a simboleggiare sia l’oggi sia il domani».

Con quali altri tipi di caratteri si accoppia bene?
Essendo un sans serif, il Futura è migliore in abbinamento con un serif. Nel corso degli anni il Futura è stato motivo d’ispirazione per molti altri caratteri; evitiamo di associarlo a quelli che sono quasi identici, come l’Aeroporto , l’Europa o il Sans Serif H91.

Per che cosa dovrei usarlo?
Usiamolo per la segnaletica, come fecero i progettisti del progetto Neues Frankfurt, che lo utilizzarono per la segnaletica stradale, i cartelli stradali e gli edifici, come sostituto dei cartelli dipinti a mano. La semplicità del Futura lo rende facile da leggere se si muove o ci muoviamo velocemente. È stato anche un carattere di riferimento per la pubblicità e l’editoria sin dai suoi esordi, dalle pubblicazioni d’avanguardia in Germania e in Francia al boom della pubblicità aziendale nell’America degli anni ‘60. Paul Rand era entusiasta della sua geometria quasi perfetta e amava ingrandire le forme scultoree del Futura per distribuirle su un foglio o usarle come logotipo. Il gigante del design Bradbury Thompson l’ha usato in modo irresistibile nelle copertine degli anni ‘40, così come ha fatto il designer modernista ceco Ladislav Sutnar negli anni ‘50.
È anche l’ideale per i viaggi nello spazio, come scoprì la NASA quando inviò il Futura – e il primo uomo – sulla Luna nel 1969. Il carattere tipografico fu inciso sulla targa di acciaio inossidabile che venne trasportata dal modulo lunare. Si dice che fosse stato selezionato per la missione interstellare a causa della preferenze di Stanley Kubrick verso questo carattere. L’aveva infatti usato per 2001: odissea nello spazio, uscito un anno prima dello sbarco sulla Luna.
Oppure, come un altro nuovo libro – intitolato Never Use Futura – raccomanda astutamente: non lo usate affatto, lo hanno già fatto.

Didascalie
01 Manifesto del film 2001: odissea nello spazio
02 Specimen del Futura Black
03 Copertina di Graphische Nachrichten
04 Opuscolo supplementare nel primo portfolio Futura, progettato da Heinrich Jost
05 Copertina per la rivista francese Arts et métiers graphique, disegnata da Jean Carlu
06 Annuncio per The Architectural Forum, progettato da Paul Rand
07 Esempio di applicazione per i pianoforti Concomo
08 «Il significato del saluto di Hitler», progettato da John Heartfield

Il nuovo Caratteri e comunicazione visiva

Maggio 25th, 2017

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È uscito «Il nuovo Caratteri e comunicazione visiva», di Fabrizio M. Rossi, edizioni IkonaLíber.
Edizione completamente rinnovata nei contenuti e nella forma. 184 pp., 138 illustrazioni in b/n; glossario tipografico; prontuario dei caratteri; bibliografia per argomenti. Presentazione di Cinzia Ferrara, presidente dell’AIAP. Con interventi di Sandro Berra, Beppe Chia, Piero De Macchi, Marco Giovenale.

«Credo sia passato un numero sufficiente di anni dalla prima edizione di questo libro per domandarsi se la forma della scrittura, i caratteri, la tipografia, siano ancora cosí invisibili come mi sembrava fossero allora; piú in generale, per domandarsi che cosa sia avvenuto in quest’àmbito nel tempo trascorso e dunque che senso abbia, oggi, un libro sulla tipografia. Le risposte a queste domande mi sono sembrate giustificare la (ri)scrittura di queste pagine, invitando i lettori a un viaggio nel mondo dei caratteri tipografici. Al termine di questo percorso saremo liberi di volta in volta di attenerci a regole tipografiche tramandate o di infrangerle consapevolmente».

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NOTO font: NO (more) TOfu, please!

Febbraio 12th, 2017

Noto è l’acronimo per ‘NO TOfu’, e per ‘tofu’ non s’intende qui letteralmente la simpatica pietanza che sa di quel che la condisce, bensì quei fastidiosi rettangolini, simili appunto a pezzetti di tofu, che appaiono quando mancano determinati glifi nel carattere che stiamo usando. Ciò avviene quando inseriamo nel nostro contesto abituale di scrittura digitale parole appartenenti ad altri contesti: per fare un esempio a noi geograficamente vicino, parole scritte in greco in un contesto di scrittura latina. Una situazione frustrante. Per superare questo problema è necessario, evidentemente, usare un carattere che comprenda quegli insiemi di segni di cui prevediamo di aver bisogno. Ma se avessimo bisogno di comporre testi multilinguistici in più e più sistemi di scrittura?
Google e Monotype
Per porre rimedio a questo problema Google affidò nel 2011 alla Monotype – storico nome della tipografia – la realizzazione di un ‘carattere poliglotta’ che risolvesse questo problema non di poco conto. Al progetto hanno collaborato centinaia di consulenti, specializzati nelle singole problematiche linguistiche e tipografiche. Un esempio fra tutti: la font Noto per il tibetano è stata ‘costruita’ a partire dagli esempi manoscritti conservati nei monasteri. In alcuni casi si tratta, infine, del primo carattere digitale mai realizzato per una comunità linguistica.
Gli obiettivi e la strategia di Google
Il risultato, pubblicato a partire dal 2013 e tuttora in evoluzione, è per l’appunto Noto, un insieme di font capace di far fronte alle esigenze di restituzione tipografica dei 93 sistemi di scrittura dei 135 riconosciuti dall’Unicode Consortium (2016), per un totale di circa 800 lingue. L’obiettivo è quello di arrivare a coprire tutti i sistemi di scrittura Unicode. Non solo: Noto è in grado di restituire digitalmente sistemi di scrittura non più corrispondenti a lingue parlate, come per esempio il fenicio, il lineare B (cretese-minoico, XIV-XII sec. a.C.), l’ogham (Irlanda, I-VI sec.).
Google dichiara che «Noto is Google’s font family that aims to support all the world’s languages. Its design goal is to achieve visual harmonization across languages». Dunque, l’obiettivo del suo progetto è raggiungere l’armonizzazione visiva fra le lingue: obiettivo assai pratico, quando si tratta di testi con molti e diversi sistemi di scrittura e linguistici, come si diceva, e complessivamente raggiunto. Dalle opinioni di utenti che utilizzano sistemi di scrittura e lingue diverse si ricava nell’insieme un buon giudizio quanto a funzionalità linguistica, salvo qualche rara eccezione qua e là che purtroppo non sono in grado di verificare. Vedremo in breve più avanti quale sia il livello formale raggiunto da questa famiglia di caratteri.
Insomma: «Noto è un progetto in linea con la strategia di Google che mira a raggiungere tutti i luoghi del mondo e rendere noti i suoi servizi anche a chi vive nei posti più remoti, la stessa per cui Google nel 2016 ha allargato il suo servizio di traduzione automatica a 100 lingue» (fonte: ilpost.it), coprendo nominalmente il 99% della popolazione mondiale online (fonte: techcrunch.com). Con risultati migliori nelle traduzioni, ci auguriamo, di quelli talvolta involontariamente esilaranti a cui siamo stati abituati finora.
Com’è fatto Noto
La famiglia Noto comprende una variante con grazie (Noto serif) e una senza grazie (Noto sans) – ‘conviventi’ soltanto per i sistemi di scrittura più diffusi: 95 infatti sono le font senza grazie e 13 con grazie (ott. 2016); ma anche in questo caso l’obiettivo è di far crescere il progetto, aumentando il numero dei sistemi di scrittura che dispongano anche del Noto serif. Entrambe le varianti hanno due pesi (normale e bold) e due forme (tondo e corsivo).
Per dare un’idea della mole impressionante di glifi progettati per il Noto, soltanto la font dell’alfabeto latino comprende circa 3.300 glifi per ogni variante.
Particolare interessante: Noto è pubblicato con una licenza OFL (Open Font License), dunque utilizzabile liberamente in qualsiasi ambiente, su qualsiasi dispositivo e per qualsiasi scopo.
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È un carattere passepartout, con un occhio medio piuttosto alto e aperture ampie, che si adatta abbastanza bene a una gamma estesa di dispositivi. Difficile però aver tutto nella vita: quel che guadagna in leggibilità, soprattutto sugli schermi, lo perde in eleganza e personalità, particolarmente a stampa. Insomma, un leggero sapore/insapore di tofu resta in bocca, malgrado tutto.
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La versione serif, con grazie squadrate, raccordi curvilinei e moderato contrasto, ha un aspetto leggermente più stretto della versione sans. Questo nonostante la metrica delle due versioni sia simile, come vediamo nell’esempio comparativo.


Conclusione (temporanea)
Evidentemente Google può permettersi un simile sforzo titanico, con un risultato per giunta messo a disposizione gratuitamente, pur di raggiungere i propri obiettivi. Detto ciò, il progetto è impressionante e può contribuire a salvaguardare (digitalmente, si badi bene) sistemi di scrittura (dunque patrimoni linguistici e culturali) altrimenti marginalizzati o condannati alla scomparsa.

Fabrizio M. Rossi


 

Per scaricare Noto:
https://www.google.com/get/noto/

 

Creating Noto for Google from Monotype on Vimeo.

Il pangramma è un animale…

Dicembre 31st, 2015
Immagine di Inu Yasha Cooper

Immagine di Inu Yasha Cooper

…che se morde non fa male.
“Pangramma”, dal (solito) greco: “tutti i segni”. Ovvero, una frase “oloalfabetica”: che contiene tutte le lettere di un “intero alfabeto” (ancora il greco…) almeno una volta e che, preferibilmente, sia una frase di senso compiuto, senza sigle. Utilissimo, il pangramma, ai progettisti di caratteri, e in generale ai tipomaniaci, per mettere alla prova un carattere.
Così per l’inglese abbiamo il classico pangramma «The quick brown fox jumps over the lazy dog». Per il francese, «Portez ce vieux whisky au juge blond qui fume» («portate questo vecchio whisky al giudice biondo che fuma»), pangramma che ha il pregio di mostrare le consonanti una sola volta e di essere, per giunta, un verso alessandrino. Per l’italiano, «Quel fez sghembo copre davanti» (26 lettere anziché 21), o l’adattamento del pangramma inglese già citato: «Fu questa volpe a ghermir d’un balzo il cane» (35 lettere e un apostrofo; cfr. http://www.onicedesign.it/2009/04/vituperabili-whiskey/), o ancor meglio «Pranzo d’acqua fa volti sghembi», di Giampaolo Dossena (26 lettere e un apostrofo. In La zia era assatanata. Primi giochi di parole per poeti e folle solitarie, Milano, Rizzoli, 1990). Personalmente trovo di senso compiuto anche quest’ultimo pangramma: un pranzo a base d’acqua non può che far storcere il muso, ovvero «far volti sghembi»…
Ma il problema che affascina i cultori della tipografia, della linguistica e dell’enigmistica è quello di arrivare al “pangramma perfetto”, ossia al pangramma che mostri ogni lettera di un alfabeto una sola volta e, come dicevo, sia di senso compiuto, senza sigle. Impresa non facile. In italiano e in francese non ne ho ancora trovati. E, a rigore, sia per l’italiano sia per il francese il pangramma perfetto dovrebbe mostrare anche tutte le lettere accentate, ma qui sconfiniamo nella follia. Per l’inglese, che di accenti non ne ha, ce n’è uno, che sottopongo alla vostra attenzione in tutta la sua complessità:
«Cwm fjord bank glyphs vext quiz».
Le lettere dell’alfabeto inglese ci sono tutte, una sola volta e senza sigle. E il senso compiuto? Il dibattito è aperto, ma ecco un contributo interessante di Martin Putnam (26/3/1997):

«Dear Peter Hartley, I write in defense of the pangram (or “holoalphabetic sentence”) on the subject line.
You say:
> Cwm fjord bank glyphs vex’t quiz.
> A cwm (Welsh word) is a geological term for something that may well be found on the bank of a fjord; “vex’t” for “vexed” is
> definitely cheating though.
I’m not sure that it is cheating, nor am I sure that “vex’t” needs an apostrophe. Consider
“And that same night, the night of the new year,
By reason of the bitterness and grief
That vext his mother, all before his time
Was Arthur born…”
(Tennyson, Idylls of the King, “The Coming of Arthur”)
Is this not English? This very poem is, after all, one of the authorities relied upon by the editors of the Oxford English Dictionary to establish standard usage (see OED Index), although they don’t happen to quote the above-cited passage in the articles on “vex” and “vexed”. See those articles for various uses of “vext” and “vex’t,” however. Tennyson again:
“Glad that no phantom vext me more, return’d
To whence I came, the gate of Arthur’s”».

Tutto chiaro? In buona sostanza, Putnam sostiene che “vext” non sia affatto “un imbroglio linguistico” e che vada inoltre scritto senza apostrofo, citando l’autorità indiscussa di Tennyson a sostegno di ciò. Il pangramma sarebbe dunque da ritenersi perfetto, e per giunta con un rimando semantico alla tipografia: si parla di misteriosi “glifi” in una formazione geologica sulla sponda di un fiordo…
In ogni caso, per noi tipomaniaci questo pangramma è ottimo, come abbiamo sperimentato durante il corso di Type design dell’AANT.

L’immagine di apertura è reperibile qui: http://inuyashacooper.deviantart.com/art/The-Quick-Brown-Fox-Jumps-Over-The-Lazy-Dog-353119526

Presentazione «Altrove», libreria Koob

Giugno 2nd, 2015

giovedì 11 giugno 2015
ore 18
libreria koob
via luigi poletti, 2 roma

presentazione del volume

altrove

due atti unici di
maria evelina buffa nazzari
edizioni ikonalíber

conduce
rosario tronnolone
redattore della radio vaticana, regista
letture di
maria evelina buffa nazzari
attrice, scrittrice
maddalena recino
attrice
con
fabrizio m. rossi
direttore editoriale ikonalíber
ingresso libero
informazioni: 06 45.42.51.09
ikonalíber: 06 86.32.96.53
www.ikonaliber.it
Su Facebook
Locandina_Altrove_Koob

 

SYN-IkonaLiber al Salone libro Torino

Maggio 11th, 2015

logo_salone_libro_high

IkonaLíber approda al Salone internazionale del libro 2015 di Torino con la collana SYN_scritture di ricerca, curata da Marco Giovenale.
Saremo ospiti delle Librerie Coop, padiglione 2, Pordenone legge.
Buone letture a tutti!

logo-bianco-sfondo-rosso

Mostra «Design resistente»

Marzo 26th, 2015

invito_DR

36 designer per 36 progetti sulla libertà e la memoria.

Questa la consistenza della mostra «Design resistente», dal 14 aprile allo spazio MIL di Sesto San Giovanni. Il giorno dell’inaugurazione si arricchirà anche di un laboratorio di stampa a caratteri mobili, «Lettere molto resistenti».

Per info: Spazio MIL
via Granelli, 1 – Sesto San Giovanni (Mi)
tel. 02 36682271 info@spaziomil.org

Presentazione IkonaLíber, collana SYN

Febbraio 12th, 2015

Corticelli_Aria1a Roma, venerdì 27 febbraio, alle ore 18:00

nella Libreria KOOB

(via Luigi Poletti 2)

in occasione dell’uscita di

aria (comunione), di Mario Corticelli,

lettura & riletture dai tre primi libri della collana

SYN – Scritture di ricerca

(Edizioni IkonaLíber):

figurina enigmistica

di Mariangela Guatteri

paragrafi sull’armonia

di Michele Zaffarano

aria (comunione)

di Mario Corticelli.

Interventi critici di

Massimiliano Manganelli

coordina l’incontro

Marco Giovenale

saranno presenti gli autori e l’editore, Fabrizio M. Rossi

Facebook

Informazioni:

IkonaLíber 06 86329653

Koob 06 45425109

Zaffarano_Armonia-171x300 Guatteri_Figurina1-171x300

Presentazione IkonaLíber a Roma

Dicembre 13th, 2014

venerdí 19 dicembre 2014
ore 18
libreria assaggi
via degli etruschi, 4 roma

presentazione del volume

altrove

due atti unici di
maria evelina buffa nazzari
edizioni ikonalíber

conduce
rosario tronnolone
redattore della radio vaticana, regista
con
maria evelina buffa nazzari
attrice, scrittrice
fabrizio m. rossi
direttore editoriale ikonalíber
ingresso libero
informazioni: 06 88.65.94.58
ikonalíber: 06 86.32.96.53
www.ikonaliber.it
Su Facebook

Nuovo sito Ikona & IkonaLíber

Novembre 22nd, 2014

Nuovo sito dello studio grafico Ikona e delle edizioni IkonaLíber, completamente rinnovato. Nuovo nell’aspetto e nei contenuti. In poche parole, “chi siamo” e “che cosa facciamo”: progetti grafici e dei contenuti, progetti tipografici, fotografia e ricerche iconografiche, formazione. Uno spazio speciale è dedicato alle edizioni IkonaLíber, con il catalogo completo dei libri su carta e degli e-book. Buona navigazione!